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Come prevedibile, la definizione agevolata dei ruoli introdotta dal decreto fiscale ha avuto ampia risonanza nella platea dei contribuenti.

A ridosso della scadenza del 31 marzo 2017, termine ultimo per la presentazione della dichiarazione di voler beneficiare degli effetti della c.d. rottamazione dei ruoli (anche se è atteso in Consiglio dei Ministri il decreto legge di proroga al 21 aprile), è stata raggiunta quota 440.000 adesioni: segno inequivoco del fatto che, nonostante le indubbie problematicità e i punti oscuri che presenta, la disciplina della definizione agevolata esercita una certa attrazione sul contribuente nei cui confronti il Fisco vanti un credito. E non potrebbe essere altrimenti, considerato l’abbattimento molto significativo degli importi dovuti in esito alla procedura.

È facile intuire che, con ogni probabilità, le adesioni alla rottamazione dei ruoli conosceranno un incremento in prossimità della scadenza prevista dal decreto per l’adesione. Motivo per cui spira il vento della proroga. Assume sempre più concretezza la possibilità di un differimento del termine per la presentazione dei modelli DA1 di adesione alla procedura di definizione.
Con l’emendamento al decreto legge sull’emergenza terremoto approvato dalla Commissione Ambiente della Camera, i termini per la presentazione delle dichiarazioni di adesione alla procedura di definizione agevolata dei ruoli slittano al 21 aprile 2017, con conseguente allungamento al 15 giugno 2017 del termine entro il quale l’Agente della riscossione deve comunicare il quantum dovuto dal contribuente all’esito della procedura. Non solo: al Consiglio dei Ministri del 24 marzo 2017 è atteso un decreto legge che dispone il differimento del termine.
In tema di novità significative, inoltre, bisogna segnalare che l’Agenzia delle Entrate ha diramato la circolare 8 marzo 2017, n. 2/E, con cui ha fornito chiarimenti in ordine alla definizione agevolata dei ruoli dalla stessa affidati all’Agente della riscossione.
Tali precisazioni si collocano su un binario parallelo a quelle fornite dalla stessa Equitalia a margine dei due recenti colloqui organizzati dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma e si pongono l’obiettivo di delineare un quadro più nitido di una procedura dai contorni, invero, alquanto sfumati.
Per economia di spazio e di tempo ci si soffermerà sugli aspetti più pregnanti della circolare n. 8/E/2017, non senza tralasciarne i profili di più accentuata problematicità.
Il documento di prassi, infatti, si sofferma lungamente (e meritoriamente) sulla descrizione dei carichi inclusi ed esclusi dalla procedura, nonché sull’iter della definizione agevolata fino alla fase ultima del perfezionamento.

Con riguardo agli aspetti procedurali viene precisato che “la definizione si perfeziona non con la presentazione della dichiarazione o con il versamento della prima rata (in caso di opzione per il pagamento rateale), ma con il “pagamento integrale e tempestivo delle somme dovute”. È nota, e non ha mancato di far discutere, la perentorietà della formulazione legislativa, per la quale a fronte del mancato intempestivo pagamento anche di una sola rata del piano accordato da Equitalia il contribuente perde definitivamente i benefici della procedura, con la conseguenza dell’acquisizione di quanto medio tempore versato a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico, nonché della ri-espansione del debito residuo, senza alcuna possibilità di procedere a una nuova rateizzazione.
Una procedura al buio

Qui è dato scorgere uno dei nodi delicati della procedura di rottamazione, che non ha mancato di suscitare nel debitore una certa insofferenza. Resta infatti impregiudicato, nonostante i reiterati inviti a fornire chiarimenti in merito rivolti a Equitalia, il dilemma di dover dare avvio, di fatto, a una procedura “al buio”. Ciò in quanto, allo stato attuale della disciplina, il debitore è tenuto a presentare il modello DA1 entro il 31 marzo 2017 (salve proroghe), nell’incertezza circa gli importi effettivamente dovuti a seguito di accettazione della dichiarazione da parte di Equitalia che, di converso, ha tempo fino al 31 maggio per comunicare al debitore le somme da corrispondere.
È di tutta evidenza che il debitore diligente, che abbia provveduto per tempo a delineare la cornice della propria posizione debitoria mediante accessi finalizzati a ottenere estratti di ruolo e altra documentazione utile a tal fine, dovrà comunque affidarsi alle stime effettuate in sede di simulazione eseguita in proprio o per il tramite del professionista di riferimento. Ciononostante, il contribuente interessato a definire la propria posizione sarà in ogni caso tenuto a presentare la relativa dichiarazione - ed eventuali integrazioni - nei termini ex lege previsti e senza alcuna possibilità di rinuncia oltre gli stessi (come altresì chiarito da Equitalia nella prima serie di risposte fornite all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, cfr. Quesito n. 2): men che meno, va da sé, oltre la data di comunicazione degli importi effettivamente dovuti, dopo la quale non potrà far altro che pagare o decadere dalla procedura. Qui risiede, con ogni evidenza, uno dei profili di maggior capziosità di quest’ultima.
La circolare n. 2/E/2017 si sofferma anche sulle questioni relative alle dilazioni di pagamento in essere alla data di avvio della definizione agevolata. Neanche qui sono ravvisabili novità di particolare rilievo. L’Agenzia delle Entrate, infatti, precisa che - secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 5, D.L. n. 193/2016 - l’accesso alla definizione agevolata in caso di dilazione in corso è subordinato al versamento di tutte le rate dovute fino al 31 dicembre 2016. Il rispetto di tale precetto comporta la sospensione, a seguito della presentazione della dichiarazione di adesione, dei pagamenti relativi alle rate con scadenza successiva: sospensione che opera fino al mese di luglio 2017, vale a dire sino al termine previsto dall’art. 6, comma 3, lettera a), per procedere all’estinzione del debito (in caso di pagamento in unica soluzione) o dare inizio alla sua corresponsione parcellizzata mediante il pagamento della prima rata del piano.
La soluzione fornita al Quesito n. 9 della seconda parte delle risposte di Equitalia all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, inoltre, espressamente ribadisce e conferma la “linea dura” del Legislatore del 2016: l’insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute dal debitore (a titolo di prima o unica rata), infatti, comporta la decadenza dalla procedura e la ripresa delle attività volte al recupero del quantum dovuto a seguito dell’affidamento del carico, potendo tuttavia essere ripresi i versamenti periodici afferenti a una dilazione in corso alla data di presentazione della dichiarazione di adesione.
Non sarà ipotizzabile, tuttavia, una nuova rateizzazione, con conseguenze certo gravose per il debitore che non dia fattivamente seguito alla volontà di adesione alla procedura di definizione in un primo momento manifestata: il debito si riespande e non è più possibile beneficiare della dilazione dei pagamenti.

Rinuncia ai contenziosi in corso
Un punto di particolare delicatezza è rappresentato dal regime relativo alla rinuncia ai contenziosi in corso da parte del debitore che acceda alla definizione agevolata. L’art. 6, comma 2, D.L. n. 193/2016 prevede che, in sede di presentazione del modello DA1, “il debitore indica […] la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi”.
Evidenziato in via preliminare come la norma sia impostata nei termini di una “assunzione di impegno”, è di sicuro interesse il fatto che nella circolare n. 2/E/2017 l’Agenzia delle Entrate mostri, per così dire, di prediligere la sostanza sulla forma privilegiando la via dei facta concludentia per cui, ove il debitore “irregolarmente” dovesse omettere la predetta assunzione di impegno, si verificherebbe ugualmente l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere in presenza dell’effettivo pagamento del quantum dovuto ai fini del perfezionamento della procedura.
Ma ciò accade, chiaramente, nel solo caso in cui il carico definito abbia ad oggetto il valore in contestazione nella sua interezza; le cose cambiano ove il carico affidato a Equitalia riguardi solo una porzione di tale valore, atteso che in presenza di riscossione frazionata residua pur sempre un interesse alla prosecuzione del giudizio.
Preme richiamare l’attenzione sul fatto che, secondo l’Agenzia, la cessazione della materia del contendere conseguente alla definizione agevolata dei ruoli implica la riconduzione del regime delle spese di giudizio nel quadro generale dell’art. 46, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui “nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”.
E fin qui, nulla quaestio.
Senonché la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5497 del 3 marzo 2017, ha ritenuto di compensare ai sensi dell’art. 92 c.p.c. le spese di giudizio a seguito della rinuncia alla controversia da parte del ricorrente che aveva aderito alla rottamazione dei ruoli, considerando la volontà di abbandonare il contenzioso come “inerente alla procedura di adesione alla definizione agevolata, ex art. 6 del DL. n. 193/2016”. Statuizione non priva di interesse, in quanto sembrerebbe sganciare (non senza problematicità) tali ipotesi di rinuncia alla controversia dal dato normativo sopra richiamato.
Quanto alle concrete modalità di comunicazione della volontà di abbandonare il contenzioso in essere, secondo l’Agenzia l’impegno assunto dal debitore non è in toto congruente con la rinuncia al ricorso di cui all’art. 44, D.Lgs. n. 546/1992, atteso che nelle ipotesi in esame rileva il profilo oggettivo della conclusione della procedura di definizione agevolata mediante il versamento integrale e tempestivo degli importi dovuti. In tal senso la circolare n. 2/E/2017 ne richiama espressamente un’altra, la n. 12/E del 2016, che al paragrafo 19.2.1 (casi di acquiescenza a seguito di autotutela parziale) fornisce una lettura interpretativa dell’art. 2-quater, comma 1-sexies, D.Lgs. n. 564/1994. Secondo tale disposizione il contribuente, nei casi di parziale annullamento o revoca dell’atto, ove rinunci al ricorso può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l’atto revocato o annullato alle stesse condizioni previste alla data della sua notifica.
Orbene, secondo l’interpretazione fornita dalla circolare n. 12/E/2016 tale disposizione non richiede alcuna formalizzazione della rinuncia al ricorso da parte del contribuente, né l’accettazione della stessa da parte dell’Ente impositore: ne consegue che il contribuente potrà limitarsi a effettuare una semplice comunicazione, tanto all’Agenzia delle Entrate parte in giudizio quanto alla Commissione tributaria investita della controversia, di avvenuta cessazione della materia del contendere, con contestuale allegazione della documentazione attestante l’avvenuto pagamento e richiesta della dichiarazione di estinzione del giudizio.
È chiaro, quindi, che quello che pervade la procedura di definizione agevolata, nell’ottica dell’Amministrazione finanziaria, è uno spirito tutt’altro che formalistico e improntato al dato obiettivo e sostanziale dell’avvenuto versamento in misura integrale secondo la scansione temporale prevista dalla legge.

Pignoramenti in corso
In senso analogo, sia detto di passaggio, sembra atteggiarsi la problematica dei pignoramenti in corso che non siano in una fase avanzata. In quest’ottica, la seconda tranche di risposte fornite da Equitalia all’ODCEC di Roma chiarisce il profilo, spinoso, delle comunicazioni da inoltrare al terzo pignorato in caso di definizione agevolata, onde evitare che lo stesso proceda ai versamenti con conseguente danno economico.
A tale quesito Equitalia ha risposto (oltre a ribadire quanto già si sapeva, ossia che in presenza di rottamazione l’Agente della riscossione non può avviare nuove procedure, né proseguire quelle in corso a condizione che non si trovino in una fase avanzata, cioè a dire che non si siano già verificati prelevamenti presso il terzo) chiarendo che in caso di azioni esecutive che non siano in fase avanzata l’Agente della riscossione procederà a comunicare al terzo la non prosecuzione delle stesse “a fronte dell’avvenuta presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata”.
Ciò implica che tale comunicazione, a quanto si desume dalla risposta in oggetto, dovrebbe essere formulata motu proprio da Equitalia: ciò che non esclude che, in via cautelare, il debitore possa procedere a comunicare in prima persona - a mezzo raccomandata o PEC - al terzo pignorato (e, preferibilmente, allo stesso Agente della riscossione) l’avvenuta presentazione del modulo di adesione alla definizione agevolata, invitandolo a non dare avvio ai pagamenti.
Inoltre, sempre in tema di azioni esecutive assume un certo rilievo l’ordinanza del 13 febbraio 2017 resa dalla prima Sezione del Tribunale di Lecco che, dando risalto all’autonomia contrattuale delle parti ha statuito nel senso per cui la norma non prevede alcun divieto di perfezionamento di un eventuale accordo, a margine di una procedura esecutiva in essere, tra il debitore e l’Agente della riscossione (ove necessario, anche previo benestare dell’Autorità giudiziaria), inteso a svincolare - come nel caso di specie - gli importi presenti sul conto corrente oggetto di pignoramento allo scopo di destinarli al versamento di quanto dovuto a seguito della definizione agevolata.
Altri profili di particolare interesse, su cui la circolare n. 2/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate ha concentrato la propria attenzione, riguardano gli effetti del perfezionamento della definizione agevolata sulle pronunce giurisdizionali e le richieste di rinvio della trattazione della controversia.

Perfezionamento della definizione: quali effetti sulle pronunce giurisdizionali
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’Amministrazione finanziaria evidenzia come la legge non preveda sospensioni dei termini processuali e dei giudizi, potenziali oggetti della procedura definitoria. Da ciò discende il problema dell’eventuale emissione di una pronuncia esecutiva anteriormente alla presentazione del modello DA1, ovvero nel periodo compreso tra la sua presentazione e il perfezionamento della procedura.
È, nello specifico, il problema dei carichi oggetto di sentenze di annullamento non seguite da sgravio: in tal senso, salva l’opzione del rimborso dell’eccedenza ai sensi dell’art. 68, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, secondo l’Agenzia delle Entrate anche questi carichi (per il fatto stesso di essere “carichi” gestiti dall’Agente della riscossione) sono definibili ai sensi del D.L. n. 193/2016, atteso che il debitore può avervi interesse in presenza di sentenza non definitiva che, come tale, è pur sempre suscettibile di riforma a seguito di impugnazione. Ed è questa una delle più stridenti contraddizioni della definizione agevolata, tale per cui la parte vincitrice in una controversia potrebbe preferire l’abbandono della lite nonostante l’esito positivo del giudizio, in base a un mero calcolo di convenienza e in una prospettiva prudenziale, stante l’alea fisiologica delle controversie giudiziarie.

Richieste di rinvio della trattazione della controversia
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate cerca di dirimere la problematica, squisitamente processuale, delle richieste di rinvio della trattazione della controversia. L’Amministrazione, infatti, non ravvisa alcuna ragione ostativa a tali richieste, purché non risultino meramente dilatorie, come nella casistica espressamente richiamata al paragrafo 6.2 della circolare (i.e. carico non definibile; udienza fissata posteriormente al termine per l’esibizione della dichiarazione di adesione e mancata documentazione dell’avvenuta presentazione della stessa; dichiarazione effettivamente presentata, tuttavia in presenza di una udienza fissata per una data successiva al termine per il pagamento in unica soluzione o rateale).
In tal senso - e proprio con riferimento al primo dei tre casi richiamati a titolo esemplificativo dall’Ufficio - si registra la primissima pronuncia sul punto (Corte di Cassazione, sentenza 8 marzo 2017, n. 5951), con cui i Giudici di legittimità hanno ritenuto di rigettare la richiesta di rinvio formulata dal contribuente in quanto la controversia aveva ad oggetto un avviso di accertamento non esecutivo, poiché emesso anteriormente al 1° ottobre 2011: ergo, un carico non suscettibile di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6, D.L. n. 193/2016.

Fonte: IPSOA
http://www.ipsoa.it