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Con l’approssimarsi della scadenza per il versamento dell’acconto sull’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto, prevista per il 18 dicembre 2017 considerando che la scadenza istituzionale del 16 del mese cadrà di sabato, i sostituti d’imposta si preparano alla determinazione dell’ammontare da corrispondere all’Erario.

I datori di lavoro hanno tempo fino al 18 dicembre 2017 per procedere al versamento in acconto dell’imposta sostitutiva sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto per l’anno d’imposta 2017. Il versamento a saldo deve essere, invece, effettuato entro il 16 febbraio 2018. L’imposta sostitutiva si applica tanto al TFR maturato e rimasto in azienda, quanto al TFR destinato al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS. Non è, invece, dovuta sulle quote di TFR destinate alle forme di previdenza complementare. L’acconto di dicembre si può determinare utilizzando il metodo storico o il metodo previsionale: con quali modalità?
Con l’approssimarsi della scadenza per il versamento dell’acconto sull’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto, prevista per il 18 dicembre 2017 considerando che la scadenza istituzionale del 16 del mese cadrà di sabato, i sostituti d’imposta si preparano alla determinazione dell’ammontare da corrispondere all’Erario.

Rivalutazione del TFR
A tale riguardo, giova ricordare preliminarmente come l’art 2120 del codice civile preveda che il fondo per il trattamento di fine rapporto debba essere rivalutato, al 31 dicembre di ciascun anno, sulla base di un coefficiente che si compone di un tasso fisso, pari all’1,5 per cento, e di una quota variabile in ragione dell’oscillazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, periodicamente accertato dall’ISTAT, e determinata in misura pari al 75% dell’aumento registrato da tale indice rispetto a quello riscontrato per il mese di dicembre dell’anno precedente.
Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro in corso d’anno, peraltro, detta rivalutazione deve essere computata considerando l’incremento dell’ìndice ISTAT registrato per il mese in cui avviene la cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello accertato per il mese di dicembre dell’anno precedente.

Regime fiscale della rivalutazione
Sul punto, vale la pena osservare come il regime di tassazione delle rivalutazioni del TFR sia stato interessato, negli anni, da profonde modifiche legislative. Non è questa ovviamente la sede per una compiuta disamina dell’evoluzione normativa in materia; basti rilevare, ai fini che qui ci occupano, che l’art. 11, comma 3 del D.Lgs. n. 47/2000 ha superato il previgente regime di tassazione separata delle rivalutazioni, che continua a rendersi applicabile alla sola quota capitale del TFR, introducendo un regime di imposizione sostitutiva a far data dal periodo d’imposta 2001.
Nel dettaglio, tale imposta sostitutiva, originariamente prevista nella misura del 11 per cento, risulta attualmente dovuta in misura pari al 17 per cento, ai sensi dell’art. 1, comma 623 della L. n .190/2014 (legge di Stabilità 2015). Tale imposta sostitutiva viene versata in due momenti; in acconto entro il 18 dicembre 2017 e a saldo entro il 16 febbraio 2018.
Resta inteso che, all’atto dell’erogazione del TFR, il datore di lavoro, per l’applicazione della ritenuta di cui all’art. 23, comma 2, lett. d) del D.P.R. n. 600/1973, non dovrà considerare imponibili le rivalutazioni già assoggettate all’imposta sostitutiva. Ciò, peraltro, vale anche nelle ipotesi in cui una determinata quota del TFR, siccome eccedente l’ammontare di € 1.000.000, sia da assoggettare a tassazione ordinaria.
Chiarisce di fatti l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 3/E del 2012, che, in tal caso, l’imponibile che concorre alla formazione del reddito complessivo, quale reddito di lavoro dipendente, è determinato al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva, per la quota proporzionalmente riferibile alla quota di TFR assoggettabile a tassazione ordinaria.

Applicazione dell’imposta sostitutiva
Tanto premesso, va subito rilevato che, da un punto di vista oggettivo, l’imposta sostitutiva in parola si applica tanto al TFR maturato e rimasto in azienda, quanto al TFR destinato all’apposito Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS con la l. n. 296/2006.
In merito, la circolare n. 70/E/2007 l’Agenzia delle Entrate ha confermato che l’imposta sostitutiva in parola, nella misura in cui sia riferibile alle rivalutazioni del TFR destinato al predetto Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS, potrà essere oggetto di recupero, da parte del datore di lavoro, tramite denuncia DM10, ove sarà possibile valorizzare un importo a credito di ammontare pari all’imposta sostitutiva versata, secondo le istruzioni fornite dall’INPS con il messaggio n. 5859/2008.
Di converso, l’imposta sostitutiva in parola non si rende dovuta in relazione alle quote di TFR destinate alle forme di previdenza complementare disciplinate dal D.Lgs. n. 252/2005 né, tanto meno, alle quote di TFR erogate direttamente in busta paga, secondo il meccanismo previsto dall’articolo 1, commi da 26 a 34, della l. n. 190/2017 che, come noto, riguarda unicamente le quote maturande del trattamento di fine rapporto.
Se il trattamento di fine rapporto è erogato da soggetti diversi da quelli indicati negli artt. 23 e 29 del D.P.R. n. 600/1973, poi, l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni è rimessa alla autoliquidazione del soggetto percettore, che dovrà procedervi direttamente in sede di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

Versamento dell’acconto
In un siffatto contesto, va evidenziato come la determinazione dell’imponibile da considerare ai fini del versamento in acconto in scadenza il prossimo 18 dicembre segua regole differenti, a seconda che il sostituto d’imposta opti per l’adozione del metodo storico, ovvero per il metodo previsionale.
In particolare, da un lato, il metodo storico impone di assumere, quale base di commisurazione dell’acconto, il 90 per cento delle rivalutazioni maturate nell’anno solare precedente, considerando anche quelle riferibili alle quote di TFR corrisposte nel corso di tale anno.
Dall’altro lato, l’opzione per il metodo previsionale consente di calcolare l’acconto dell’imposta sostitutiva sul 90 per cento delle rivalutazioni maturate nel corso dell’anno per il quale si procede al versamento della medesima.
Per tale via, la misura dell’acconto potrà riflettere le eventuali riduzioni dei fondi di accantonamento del TFR in considerazione dell’eventuale opzione per la liquidazione anticipata, eventualmente anche in busta paga, del medesimo ovvero a fronte della cessazione del rapporto di lavoro.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno per il quale si procede al versamento in acconto, di fatti, quest’ultimo è dovuto nella misura del 90 per cento dell’imposta trattenuta sulle rivalutazioni del TFR all’atto della cessazione del rapporto.
A ciò si aggiunga che, come chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 50/E/2002, le imprese costituite nell’anno precedente a quello per il quale l’acconto si rende dovuto possono scegliere di calcolare lo stesso su base previsionale, secondo le modalità innanzi esaminate, ovvero procedere al versamento dell’imposta in un’unica soluzione, entro il 16 febbraio dell’anno successivo.
Resta inteso che, in sede di versamento del saldo dell’imposta sostitutiva in esame, il versamento effettuato in acconto sarà scomputabile dall’imposta complessivamente dovuta per il periodo d’imposta considerate che gli eventuali eccessi di versamento potranno essere gestiti secondo le disposizioni previste dal D.P.R. n. 445/1997.

Operazioni straordinarie
La gestione dell’adempimento in ipotesi di operazioni straordinarie, invece, varia in ragione della specifica operazione intercorsa. Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 29/E/2001, in caso di fusioni o scissioni societarie, gli obblighi di versamento delle entità societarie estintesi per effetto dell’operazione, se non già adempiuti alla data della stessa, passano in capo alla società da questa risultante (vale a dire la società incorporante o beneficiaria).
Al contrario, a fronte di operazioni che non comportano l’estinzione di alcuno dei soggetti obbligati (es. cessione di ramo d’azienda), il versamento deve essere perfezionato dal soggetto che in conseguenza dell’operazione, risulterà titolare del rapporto di lavoro (si veda, sul punto, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 78/E/2001).

Dipendenti operanti all’estero
Da ultimo, si evidenzia come particolare interesse susciti la disciplina dell’imposta sostitutiva in relazione alle rivalutazioni del TFR maturato da un soggetto fiscalmente non residente in Italia.
Ci si potrebbe domandare, a tale riguardo, se i criteri di pro rata temporis previsti dall’OCSE e sposati dall’Agenzia delle Entrate in alcuni documenti di prassi (si veda ad esempio la Risoluzione n. 341/E del 2008) che, in deroga alla presunzione di territorialità contenuta prevista dall’art. 23 del TUIR, consentono di esentare da tassazione italiana le quote di TFR maturate all’estero in qualità di soggetto fiscalmente non residente in Italia, possano applicarsi analogicamente alle rivalutazioni del TFR medesimo.
Sul punto, non può non rilevarsi tuttavia come detta estensione analogica sembrerebbe preclusa in considerazione del fatto che il citato D.Lgs. n. 47/2000, nel prevedere distinte modalità di tassazione per la rivalutazioni del TFR, ne valorizza implicitamente la natura finanziaria, il che potrebbe rivelarsi ostativo all’applicazione dei principi in materia di tassazione del reddito di lavoro dipendente, sulla base dei quali la prassi dell’Agenzia delle Entrate è giunta ad ammettere la possibilità di esentare da tassazione italiana il TFR maturato all’estero.

Fonte: IPSOA
http://www.ipsoa.it